Onorevoli Colleghi! - «Market if possible. Government if necessary». Per secoli le poste, nella loro funzione logistica di base (la circolazione della corrispondenza e dei plichi sulla lunga distanza), sono state un fattore pubblico di progresso e di modernità.

 

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      L'estensione dell'operatività delle poste, dalla logistica come funzione originaria ai servizi di pagamento e alle funzioni finanziarie più elementari, estensione che ha cominciato a manifestarsi a cavallo tra '800 e '900, ne ha segnato una ulteriore evoluzione, facendo delle poste medesime una struttura centrale nella vita sociale del Paese.
      Un'evoluzione che non è stata tuttavia sufficiente per limitare la successiva erosione del ruolo pubblico delle poste, causata dalla progressiva apparizione di altri, diversi strumenti sociali. È per questo che nei decenni scorsi le poste hanno via via perso centralità.
      È ora arrivato il momento per riportare le Poste italiane al centro della vita sociale del Paese.
      Il futuro delle Poste italiane non si trova nella «scissione» del loro servizio pubblico tradizionale dall'attività di «banca», per poi usare, nella «post-scissione», la ricca attività di banca come esca per una «privatizzazione», lasciando gradualmente decadere l'attività di servizio pubblico.
      L'Italia non ha bisogno di una nuova banca. Sono piuttosto gli italiani che hanno bisogno di migliori servizi sociali. Sono le poste riformate come rete di servizio universale a vantaggio dei cittadini l'azienda che manca, sia all'Italia che agli italiani.
      Le Poste italiane, per la loro straordinaria struttura di servizio, diffusa capillarmente sul territorio (più di 14.000 uffici, circa 150.000 addetti, più di 50.000 veicoli) e da sempre reputata affidabile da tutta la popolazione, sono a questo fine una risorsa straordinaria, che non va dispersa, ma utilizzata. Un'azienda che non va scissa, creando due rami d'azienda e due classi di personale, uno di serie B, uno di serie A; ma all'opposto essa va conservata, unita e valorizzata proprio nella sua straordinaria unitarietà e professionalità.
      In questa logica Poste italiane Spa può e deve restare un'azienda di servizio sociale, non un nuovo costo pubblico, ma, al contrario, un grande investimento che l'Italia fa su se stessa e a favore di se stessa, creando una funzione nuova di «logistica sociale». Negli ultimi decenni in Italia la vita individuale e sociale è profondamente cambiata in positivo e in negativo. I profili demografici tendono a un fortissimo invecchiamento della popolazione. La geografia sociale urbana e rurale è profondamente variata, anche nel senso negativo della crescita dell'isolamento, come dimensione propria della modernità. D'altro canto, il progresso tecnologico offre nuove straordinarie opportunità di servizio e benessere. In questo contesto i servizi pubblici non possono continuare ad essere sempre gli stessi. Essi devono e possono anche essere reinventati. Il welfare-State può prendere forme nuove.
      Non deve più essere solo il cittadino che è costretto a muoversi per accedere alla sanità e alla burocrazia, spesso collocata in remoti uffici burocratici, o per andare in banca, o per fare la spesa di casa, eccetera.
      Il movimento può e deve essere rovesciato, in una nuova logica sociale, portando i servizi direttamente al domicilio dei cittadini. Ne possono derivare tra l'altro anche notevoli economie, ad esempio, in termini di controlli più efficaci e diretti sui consumi pubblici.
      Con questa proposta di legge sono dunque le Poste italiane che riprendono la loro storica centralità sociale, andando dal cittadino per servirlo, per migliorarne in quanto possibile la vita, in termini di prossimità e semplicità, di economicità e comodità, per consentirgli una vita più dignitosa.
 

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